PIANTE GALLEGGIANTI

PIANTE GALLEGGIANTI
Negli acquari aperti, così come nei paludari le piante galleggianti possono essere sfruttate come naturale anello di congiunzione fra la sezione sommersa e quella emersa, depurando l’acqua e offrendo con le loro radici un gradito riparo a molti pesci e ai loro avannotti.
Al di là delle motivazioni estetiche, le pleustofite sono ricercate anche per il loro ruolo di ossigenatrici e depuratrici biologiche.
Definite comunemente “piante galleggianti”, le pleustofite sono esclusivamente acquatiche ma, in determinate condizioni e in certi periodi dell’anno, possono a volte sopravvivere anche all’asciutto. Di norma colonizzano le acque ferme o con scarso movimento, galleggiando sulla superficie spinte dal vento e dalle correnti, formando sovente biomasse talmente impressionanti da rappresentare in molte località un reale ostacolo alla navigazione e allo sviluppo della vegetazione sommersa.
L’approvvigionamento di sostanze nutritive avviene direttamente dall’acqua, tramite le foglie e le radici. In bacini poco profondi o in via di prosciugamento, alcune specie sono inoltre in grado di ancorarsi ai più vari substrati traendone il necessario sostentamento.
Il galleggiamento è garantito da particolari adattamenti sviluppati nel corso dell’evoluzione. Ne sono un esempio i piccioli rigonfi che si osservano nel giacinto d’acqua (Eichhornia crassipes) e nella castagna acquatica (Trapa natans), oppure la struttura spugnosa delle foglie – costituita da cellette ripiene di gas – tipica della lattuga acquatica (Pistia stratiotes) e di Salvinia spp.
Per evitare di appesantirsi sotto l’effetto della pioggia e dell’umidità, scongiurando altresì pericolosi fenomeni di ristagno dell’acqua che potrebbero portare a necrosi tissutale, molte pleustofite crescendo sviluppano una folta micro-peluria che rende la faccia superiore delle foglie idrorepellente. In alcuni casi, poi, le lamine fogliari crescono con un’inclinazione tale da permettere all’acqua di defluire rapidamente per poi essere espulsa dalla zona centrale della pianta.
L’apparato radicale può essere molto ridotto in specie dalle foglie piccole come le lenticchie d’acqua (Lemna spp.) sviluppato oltre i 30 cm di lunghezza nelle galleggianti più imponenti come Pistia stratiotes ed Eichhornia crassipes, oppure del tutto assente come nel caso dell’epatica Riccia fluitans (che ha però delle “false radici” o rizoidi, con sola funzione di ancoraggio).


NON SONO ADATTE A TUTTI GLI ACQUARI
Nel mondo acquariofilo le galleggianti riscuotono da sempre un fascino indiscusso regalando ai paesaggi d’acqua dolce, nostrani o tropicali, un apprezzabile tocco di naturalezza. Al di là delle motivazioni estetiche, come ho già specificato in precedenza, le pleustofite sono ricercate anche per il ruolo di ossigenatrici e depuratrici biologiche che ricoprono egregiamente in acquario: il loro ritmo di propagazione piuttosto sostenuto, in effetti, fa sì che assorbano grosse quantità di composti azotati in eccesso, “rubando” nutrimento alle tanto temute alghe infestanti.
Non è un caso, come del resto, che alcune specie – come il giacinto e la lattuga d’acqua – vengano impiegate perfino negli impianti di depurazione e come “filtri naturali” in acque reflue di allevamenti o in piscicoltura.
Le specie con apparato radicale ben sviluppato sono in genere le più richieste, per ragioni estetiche e perché rappresentano un riparo molto gradito da numerosi pesci e relativi stadi giovanili, primi fra tutti gli Anabantoidei che le scelgono inoltre come sostegno per i loro nidi di bolle.
Non tutti gli acquari, però, sono adatti ad accogliere queste piante. Le classiche vasche con coperchio e lampade al neon, per esempio, non permettono quasi mai di coltivarle nel rispetto delle loro esigenze: foglie e fiori normalmente si bruciano sotto l’eccessivo calore prodotto dall’impianto d’illuminazione, e solo alcune fra le specie più robuste, con lamine fogliari sottili e aderenti al pelo dell’acqua (Lemna spp., Limnobium spp., Salvinia spp. e Riccia fluitans) sono talvolta in grado di “sopravvivere” in simili collocazioni.
Negli acquari aperti, illuminati con lampade sospese a vapori metallici, le possibilità di successo sono indubbiamente maggiori, così come quelle di vedere qualche infiorescenza. In questo caso, tuttavia, può rappresentare un problema la scarsa umidità dell’aria (soprattutto d’inverno, a termosifoni accesi), che porta spesso ad un precoce essiccamento delle foglie. In virtù di quanto detto, paludari e acqua terrari si rivelano la destinazione più idonea per garantire alle galleggianti il giusto grado di umidità dell’aria, una temperatura ideale e l’opportuna distanza dal parco-lampade. Lo stesso possiamo certamente affermare per il laghetto da giardino, sebbene le specie tropicali vi potranno rimanere solo nei mesi più caldi.

Ecco una breve panoramica delle piante galleggianti più note in acquariofilia (per gli approfondimenti sulle specifiche piante rimando alle pagine monotematiche).


AZOLLA
Le graziose felci del genere Azolla (famiglia Azollaceae) abbondano localmente nelle acque dolci tropicali e temperate di entrambi gli emisferi. Sono note al mondo scientifico per la simbiosi che instaurano con l’alga azzurra Anabaena azollae, che fissa l’azoto atmosferico rendendolo così disponibile per la pianta. Per questa loro caratteristica, Azolla spp. vengono impiegate per la fertilizzazione delle risaie o come foraggio per il bestiame.
La loro coltivazione non richiede particolari accorgimenti, fatta eccezione per una temperatura possibilmente non superiore ai 28°C e un’illuminazione di media intensità prodotta da lampade non troppo vicine alla superficie (almeno 40 cm).
La riproduzione è vegetativa e anche in acquario avviene molto rapidamente.
Un tempo queste galleggianti venivano esportate con discreta regolarità dai vivai di Singapore, in particolare Azolla caroliniana (autoctona di tutto il continente americano e acclimata anche in Europa) e la sudamericana A. filiculoides, che si distingue dalla prima per le maggiori dimensioni e perché forma agglomerati meno compatti, provvisti di getti che spuntano dall’acqua. Oggi è raro trovarle nei negozi d’acquari, mentre vengono offerte di tanto in tanto dai vivai.

EICHHORNIA CRASSIPES
Originario del Brasile, il giacinto d’acqua (Eichhornia crassipes, famiglia Pontederiaceae) è ormai diffuso – sovente in maniera infestante – quasi ovunque ai tropici. Noto per le sue bellissime infiorescenze violacee, si riproduce spontaneamente per via vegetativa tramite il distaccamento dei getti laterali che si formano sul rizoma. Sebbene in natura mostri una capacità di propagazione fuori dal comune, in acquari e paludari ha di solito vita breve, quasi sempre a causa delle sue notevoli esigenze in fatto di luce. Apprezzabili invece i risultati che si possono ottenere nel laghetto, sebbene la permanenza all’aperto sia forzatamente limitata ai mesi più caldi.


HYGRORYZA ARISTATA
Originaria delle acque stagnanti e delle risaie asiatiche, Hygroryza aristata (famiglia Poaceae) è apparsa in commercio da pochi anni e rimane ancora oggi abbastanza rara nei negozi. Coltivabile anche all’aperto (meglio però non al di sotto dei 10°C), cresce molto rapidamente, producendo getti lunghi oltre un metro che la rendono ospite quasi obbligata di vasche molto grandi e con ampia superficie (minimo 100×50 cm). Necessita di molta luce per prosperare a lungo in acquario.

LEMNA E SPIRODELA

Lemna spp.
Lemna spp.

Le lenticchie d’acqua (genere Lemna e Spirodela, famiglia Lemnaceae) sono presenti in tutte le zone a clima temperato. Colonizzano in genere acque tranquille e debolmente correnti, tuttavia possono adattarsi a crescere in ambienti estremi, come per esempio a ridosso di cascate. Assai tollerante nei confronti della temperatura e qualità dell’acqua, diventano facilmente infestanti e vanno tenute costantemente sotto controllo tramite rimozione meccanica. Sono tra le poche galleggianti a “reggere” discretamente anche in vasche provviste di coperchio.

Spirodela polyrhiza

PISTIA STRATIOTES


La lattuga acquatica, Pistia stratiotes (famiglia Araceae), ha una massiccia diffusione pan tropicale e, a dispetto della sua abbondanza dovuta ad una indubbia capacità di adattamento in natura, rientra nel novero delle pleustofite più difficili da coltivare in acquario o in paludario, dove peraltro quasi mai conserva a lungo la tipica forma a rosetta e le grandi dimensioni che la contraddistinguono in natura. Del tutto inadatta alle vasche chiuse e ad acquari scarsamente illuminati, va incontro di frequente a bruciature da eccesso di calore e necrosi da ristagno d’acqua (tipiche soprattutto delle foglie che aderiscono completamente alla superficie). Le piante coltivate nel laghetto vanno fatte svernare al chiuso. La lattuga acquatica è facile da reperire sia nei negozi di acquari che nei vivai.

Pistia stratiotes

RICCIA FLUITANS


L’epatica (cugina dei muschi e come questi appartenente alle primitive Briofite) cosmopolita Riccia fluitans (famiglia Ricciaceae), rinvenibile sia in acque tropicali che temperate è una specie adattabile ma piuttosto esigente in fatto di luce. Può crescere sia sommersa che a pelo d’acqua, richiedendo preferibilmente un pH neutro o leggermente acido e una temperatura di 18-27°C. Questa specie, in passato utilizzata solo occasionalmente perlopiù come supporto per il nido di bolle degli Anabantoidei, è diventata di gran moda negli ultimi anni grazie agli acquari in stile giapponese, nei quali viene fatta crescere sommersa, a coprire rocce e legni, oppure a formare suggestivi “praticelli” in primo piano.

SALVINIA

Salvinia auriculata


Le graziose (ma spesso infestanti) felci del genere Salvinia (famiglia Salviniaceae) si trovano anche nelle acque dolci italiane con la specie S. natans. La specie più comune in acquario sembra essere S. auricolata, felce galleggiante molto diffusa nelle regioni tropicali del Centro e del Sud America. La coltivazione di questa pianta in acquario risulta abbastanza facile, nonostante la non trascurabile richiesta di luce. Le piantine reperibili in negozio hanno spesso la classica forma a barchetta, destinata però a degenerare in breve tempo per dar vita a foglioline piccole che si stendono sulla superficie.

TRAPA NATANS


Facilmente riconoscibile per le caratteristiche foglie romboidali, la castagna d’acqua Trapa natans (famiglia Trapaceae) è una specie polimorfa diffusa ampiamente in Eurasia e Africa, introdotta nel Nord America e in Australia. Specie ostica da coltivare in acquario e nel paludario, richiede molta luce e acqua pulita. Si propaga tramite stoloni o semi. I suoi frutti, le castagne d’acqua sono considerati commestibili in molti Paesi.