L’Amazzonia, nota anche come Foresta Amazzonica o giungla amazzonica è una foresta equatoriale nel Bacino dell’Amazzonia in Sud America, in gran parte compresa in territorio brasiliano, che copre una superficie pari al 42% di quella dell’Europa. Con una superficie di 5,5 milioni di km², ovvero circa dieci volte più della Francia, è la foresta più grande del mondo. Dall’estremo limite occidentale della foresta, ai pedi delle Ande, fino alle rive dell’Atlantico vi sono 3200 km, all’incirca la distanza tra Roma e l’Islanda. Il Rio delle Amazzoni, inoltre, possiede il più vasto bacino del mondo ed è il secondo fiume per lunghezza dopo il Nilo. A ragione è stato detto che l’Amazzonia è una specie di pianeta a sè stante.
L’area conosciuta dell’Amazzonia o del Bacino dell’Amazzonia supera i 7 milioni di km², anche se la foresta propriamente detta ne occupa circa 5,5 milioni. La foresta amazzonica copre nove paesi, principalmente il Brasile: quasi i due terzi della sua superficie totale sono in Brasile (63%); il terzo rimanente è condiviso da Perù (13%), Colombia (10%) e, in misura minore, Ecuador, Venezuela, Suriname, Guyana, Bolivia e Guiana francese.
A ragione è stato detto che l’Amazzonia è una specie di pianeta a sé stante. La foresta pluviale vi prospera nelle sue forme più ricche: il sottobosco è molto sviluppato, le fronde degli alberi e la vegetazione aerea, formano una copertura pressoché continua, che filtra i raggi del sole e mantiene l’ambiente in una penombra perenne, satura di umidità. Qui vivono 750 specie di alberi, 400 specie di uccelli e 125 mammiferi, 100 specie di rettili e 60 di anfibi. E’ stato calcolato che in ogni singolo albero vivano 400 tipi di insetti.
Composta da circa 390 miliardi di alberi e 16.000 specie diverse, la foresta amazzonica è il più grande contenitore di biodiversità nel mondo. Ci sono quasi 60 volte più alberi adulti nella foresta amazzonica che esseri umani in tutto il pianeta.
Questa foresta costituisce un ecosistema ricchissimo. che si protende dal basso in alto, da terra fino alle cime degli alberi, per oltre 60 metri.
E’ anche un ecosistema che vive in un terreno assai povero di sostanze: gli scienziati ritengono che la sua esistenza sia il prodotto di un equilibrio, delicato e straordinario, tra un clima molto caldo e umido e un terreno che offre assai meno sostanze nutritive di quelli delle regioni circostanti, resi fertili dalle rocce di origine vulcanica.
Biodiversità
Ecosistemi
Deforestazione
Quanto il terreno sia povero e l’ambiente delicato lo si è già potuto osservare in passato. La prima volta fu negli anni ’20 e ’30 quando la Ford – la famosa industria automobilistica statunitense – acquistò aree forestali, fece abbattere la vegetazione spontanea e vi installò piantagioni di alberi di caucciù (l’Hevea brasiliensis) per ricavare gomma da pneumatici. Le piantagioni non crebbero e l’esperimento fallì. La seconda volta fu negli anni ’70, quando si cercò di installare nell’Amazzonia piantagioni di legno pregiato: fu ancora un fallimento. Anche sulla base di queste esperienze molti si chiedono che senso abbia ciò che si sta facendo oggi: distruggere vaste estensioni di foresta amazzonica con il proposito di ricavarne terreni coltivabili. Non si è certi di riuscirvi mentre è certo che, nel frattempo, una parte del prezioso ecosistema vada perduta. Il governo brasiliano non dà credito alle critiche, nè agli inviti a non deteriorare la foresta. Esso accusa di interferenza nei propri affari interni le associazioni ecologiste, i movimenti di opinione e persino gli organismi internazionali che denunciano i rischi cui va soggetta la foresta pluviale amazzonica.
Dall’altra parte, il Paese ha fortissimi debiti verso l’estero e sta cercando di sviluppare la propria economia. Lo sfruttamento dell’Amazzonia vede anche l’intervento di potenti gruppi economici, che a volte non hanno esitato a ricorrere addirittura al delitto per ridurre gli oppositori al silenzio.
La distruzione della foresta avanza in modo brutale;allevatori e agricoltori appiccano incendi giganteschi; nelle zone lasciate libere nella foresta bruciata sorgono piantagioni e allevamenti.
Le popolazioni indigene sono costrette ad abbandonare i luoghi dove vivono da sempre. Parecchie tribù si stanno estinguendo.Prima che cominciassero le distruzioni, dalla foresta amazzonica, grazie alla fotosintesi clorofilliana, proveniva la metà dell’ossigeno prodotto dalla vegetazione del pianeta: una funzione preziosa per mantenere in equilibrio la miscela di gas che compone l’atmosfera della Terra.
Ora gli incendi e le distruzioni non soltanto hanno ridotto tale apporto, ma rilasciano ingenti quantitativi di anidride carbonica. Gli scienziati temono che ciò acceleri il processo di riscaldamento dell’amosfera, contribuendo a cambiare il clima.
Allarme deforestazione per l’Amazzonia: ecco perché il polmone verde del pianeta è a rischio
Questo immenso territorio è minacciato dalla deforestazione: dal 1970, circa il 18% della foresta originaria è scomparso a causa della deforestazione e delle attività umane. Per preservare questo ecosistema, varie parti della foresta amazzonica sono protette e 3 di esse sono incluse nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Sessanta mila specie di piante, mille specie di uccelli e oltre trecento specie di mammiferi: come abbiamo già visto questa è la grande ricchezza che offre l’Amazzonia, il più ricco ecosistema di biodiversità che esista al mondo. Eppure l’allevamento bovino rischia di compromettere seriamente questo bellissimo equilibrio naturale. La sua superficie si estende per più di 6 milioni di chilometri, attraversando ben nove paesi del Sud America. Ma in pochi anni l’Amazzonia Brasiliana sta subendo una forte deforestazione. E ora è corsa contro il tempo per riuscire a mettere a punto delle strategie che consentano di ridurre questo pericolo incombente e per custodire e preservare queste preziose risorse naturali.
L’allarme però si fa evidente, specialmente se si considerano i dati degli ultimi mesi, durante i quali sono stati persi ben 400 chilometri quadrati. Il cosiddetto “Polmone Verde” del pianeta è seriamente minacciato: la deforestazione in questi mesi ha raggiunto una crescita del 290%! E’ come se un’intera città venisse letteralmente rasa al suolo. Si tratta dei dati forniti dall’organizzazione no profit Imazon, che lancia l’allarme a gran voce. Alla deforestazione si aggiunge il fenomeno delle foreste degradate, ovvero molto sfruttate o arse. La superficie che ne è stata interessata in un anno è cresciuta esponenzialmente.
In generale, secondo i dati relativi agli ultimi 50 anni, la foresta Amazzonica ha perso un quinto della sua superficie. Se fino al 2012 i numeri sembravano farci sperare in un miglioramento, dal 2013 il tasso di disboscamento è aumentato nuovamente. Nonostante esistano delle regole per tutelare la foresta pluviale, pare che i traffici illeciti siano andati avanti: rotte proibite venivano utilizzate ugualmente, per poter esportare gli alberi abbattuti e venderli così agli altri mercati. Inoltre, l’estesa area della foresta non permette, purtroppo, di poterla monitorare costantemente come si deve. L’aspetto spaventoso è che ogni minuto che passa viene bruciata o tagliata una superficie grande addirittura quanto tre campi e mezzo di calcio!
RELAZIONE TRA INCIDENZA DELLE MALATTIE E CAMBIAMENTI AMBIENTALI IN AMAZZONIA
Non è facile stabilire una relazione tra incidenza delle malattie e cambiamenti ambientali, ma gli scienziati dell’Università del Wisconsin, ne sono certi.
La deforestazione in Amazzonia è legata da un aumento dell’incidenza della malaria.
Il rapporto, pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases CDC, combina le informazioni dettagliate sull’incidenza della malaria in 54 distretti sanitari brasiliani, e li compara alle immagini satellitari ad alta risoluzione che riportano l’abbattimento nella foresta amazzonica, dimostrando che il taglio della foresta tropicale aumenta l’incidenza della malaria quasi del 50 per cento.
“Sembra che la deforestazione sia uno dei fattori ecologici iniziali nell’innescare una epidemia di malaria”, spiega Sarah Olson, dell’Istituto Nelson (Centro per la sostenibilità e l’ambiente globale) e autore principale del rapporto.
L’abbattimento delle foreste tropicali, sostengono Olson e Jonathan Patz, dell’Università del Wisconsin (School of Medicine and Public Health), crea condizioni che favoriscono la diffusione della zanzara Anopheles darlingi, che trasmette il parassita della malaria e ne è vettore primario in Amazzonia.
“Il paesaggio deforestato, con spazi più aperti e pozze d’acqua parzialmente soleggiate, sembra fornire l’habitat ideale per questa zanzara” aggiunge Olson, facendo notare che la Anopheles darlingi ha preso il posto di altri tipi di zanzare che preferiscono foresta e che sono molto meno inclini a trasmettere la malaria.
“Questo studio completa il nostro precedente lavoro, che si era incentrato sulla quantità di zanzare che trasportano la malaria – spiega Patz – nel corso di ricerca svolte nell’Amazzonia peruviana, abbiamo dimostrato una correlazione tra larve di questa zanzara e i siti acquatici di riproduzione negli habitat disturbati in seguito al taglio della foresta”.
Il nuovo studio dell’Università del Wisconsin si focalizzata su 54 distretti sanitari brasiliani nell’angolo di Amazzonia brasiliana al confine col Perù, confrontando i dati sulla salute della popolazione raccolti nel 2006 da ricercatori brasiliani.
Questi dati sono stati confrontati con le immagini satellitari ad alta risoluzione dei cambiamenti di copertura forestale, rilevando un forte legame tra la salute umana dei cambiamenti e modifiche anche relativamente piccoli del paesaggio forestale.
“In questi 54 distretti sanitari, un cambiamento del 4 per cento della copertura forestale è stato associato a un aumento del 48 per cento di incidenza della malaria – osserva Olson – I dati sanitari utilizzati nello studio sono della massima qualità e così la risoluzione spaziale. A differenza dei precedenti studi, questo ci ha permesso di focalizzare le aree in cui la gente è più esposta alla malaria e di escludere zone in cui è meno esposta”.
I distretti sanitari studiati dal team sono tipici di molte migliaia di distretti sparsi per il Brasile e la regione amazzonica. Dal 2001, il Ministero della Salute brasiliano ha monitorato la diffusione della malaria in oltre 7.000 distretti. In Amazzonia, la deforestazione, spiega Olson, si verifica per lo più lungo i fiumi, vera spina dorsale del sistema dei trasporti della regione, da dove si diffonde.
Il nuovo lavoro, sostiene Patz, mostra come la deforestazione e il disboscamento contribuisca alla dinamica della malaria lungo il limite degli insediamenti. “Nel 2006, la provincia che comprende questi distretti sanitari è stata tra le prime cinque per incidenza della malaria – spiega Patz .
Anche dopo aver incluso altri dati, come l’accesso alle cure sanitarie o di altri fattori, i punti di maggiore incidenza della malaria hanno continuato a procedere in parallelo alla distruzione della foresta pluviale”.
La conclusione dello studio, spiegano Olson e Patz, è che il preservare la foresta tropicale può proteggere la salute umana molto più di quanto si pensasse.
“Le pratiche di gestione ritengono che il nuovo lavoro fornisca un modello che potrebbe essere utilizzato per rintracciare spazialmente fattori di rischio ambientale legati all’incidenza della malaria comunemente detta “dengue”, che infetta circa 500.000 brasiliani ogni anno.
“La tecnologia c’è. I dati sanitari sono a disposizione.
Se dotati di semplici telefoni cellulari, gli ambulatori sparsi in ogni angolo del paese potrebbero raccogliere dati per l’intera regione amazzonica”. Lo studio è stato finanziato dalla National Aeronautics and Space Administration.
Impoverimento del suolo
Agricoltura
Le terre amazzoniche vengono utilizzate per espandere le enormi aziende agricole dedicate agli allevamenti di bestiame. Queste aziende sono difese da uomini armati, una sorta di guardie private che proteggono la proprietà della terra.
Rete stradale
– La BR-163 chiamata “autostrada della soia”, per andare dal sud del Mato Grosso al Pará del Nord.
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