MICROSORUM (Polypodiaceae)

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MICROSORUM
Il genere Microsorum Link, 1830 (sinonimo: Microsorium), comprende una sessantina di specie igrofile e acquatiche della famiglia Polypodiaceae Berchtold & Presl, 1820.

CLASSIFICAZIONE SCIENTIFICA
Phylum: Tracheophyta Sinnott,1935
Subphylum: Pteridophyta Eichler,1883
Classe: Filices L.,1753
Ordine: Filicates Dumortier,1829
Famiglia: Polypodiaceae Berchold & presl,1820
Genere: Microsorum Link,1830
Sinonimo: Microsorum

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DIFFUSIONE
Diffuso tra Africa, Asia e Australia.

TASSONOMIA
Il loro nome (dal greco mikros soros) significa “piccoli grumi” e si riferisce alle spore utilizzate come mezzo di riproduzione sessuata, simili a grani di pepe, ben visibili sulla pagina inferiore della lamina delle fronde emerse, infatti quando si trovano emerse queste ultime contengono le spore ,il mezzo di riproduzione aploide (cioè con metà del corredo cromosomico) da cui si originerà il gametofito, tipico delle felci.

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BIOLOGIA

Il genere comprende una sessantina di specie igrofile e palustri,in prevalenza epifite (crescono su altre piante), epilitiche (radicano su rocce e ciotoli), e corticole (si fissano a tronchi e radici legnose), spesso osservabili nella medesima specie.
La specie maggiormente coltivata in acquario e’ il Microsorum pteropus , il nome scentifico di questa felce (pteropus)significa “piede alato” e allude alla forma trilobata assunta sopratutto dalle foglie aeree,con i due lobi laterali simi a due ali , il nome che invece le viene attribuito comunemente e’ “felce di Java” che deriva dal fatto che i primi esemplari descritti provenivano proprio dalla grande isola indonesiana.
Il Microsorum pteropus in natura ha una diffusione molto ampia e comprende buona parte delle zone umide tropicali del sud est asiatico ,oltre a questa e’ regolarmente coltivato nelle serre e nei vivai di tutto il mondo , ultimamente altre specie vengono commercializzate per il mercato acquariofilo , e per i paludari , vale la pena citare :
• M.linguiforme (Borneo, Filippine, Nuova Guinea, e Fiji), le cui fronde raggiungono i 20 cm , e cresce ai piedi degli alberi nelle foreste pluviali.

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• M.membranifolium (Indocina), dalle splendide ed ampie fronde verde scuro , e’ una felce imponente che cresce sui ciotoli e sui tronchi presso i corsi d’acqua , o sul fogliame in decomposizione delle foreste umide.

Taken at Mulu National park by Camp 5.
• M.punctatum (zone umide Africane ed Asiatiche , Madagascar), forma vasti cespugli di solito radicati su muschi ,legni , e rocce molto umidi, le cui fronde trovano spesso un impegno in erboristeria, e farmacopea omeopatica.

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MICROSORUM PTEROPUS
Solo la popolare M. pteropus (Blume) Ching, 1933, viene coltivata in acquario. Il nome di questa specie (pteropus) significa “piede alato” e allude alla forma trilobata assunta spesso dalle foglie emerse, con i due lobi laterali simili ad ali, mentre quelle sommerse mantengono la più semplice forma lanceolata.
Il nome comune di “Felce di Giava”, con cui è conosciuta in tutto il mondo, deriva probabilmente dal fatto che i primi esemplari descritti provenivano dall’omonima isola dell’Arcipelago Indonesiano; in realtà M. pteropus ha una diffusione in natura ben più ampia, che comprende la gran parte delle zone umide tropicali del Sud-Est Asiatico.
Prima che le serre olandesi, danesi, tedesche e italiane monopolizzassero buona parte del mercato delle piante d’acquario grazie alla propagazione meristematica e alla coltura idroponica, questa felce veniva importata direttamente dall’Asia tropicale (soprattutto da Singapore e dall’Indonesia)ma non riscuoteva grande successo tra gli acquariofili. C’è da dire che gli esemplari selvatici, raccolti direttamente in natura e stabulati senza molto criterio prima della spedizione (immersi per giorni in acqua in vasconi fortemente soleggiati, magari insieme a Cabombe e Synnema), giungevano spesso malconci e non ispiravano molta fiducia: del resto, la loro acclimatazione si rivelava quasi sempre piuttosto problematica, anche perché negozianti e acquariofili spesso ne ignoravano le più elementari esigenze, interrandone magari le radici sul fondo (meglio se ben fertilizzato!) come si fa con la maggioranza delle piante.

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Il successo di M. pteropus arrivò con gli anni Ottanta, quando cominciarono a comparire sul mercato i primi, esuberanti esemplari coltivati in vasetto su substrato idroponico (grodan), in ambiente controllato di serra (estremamente umido e non troppo illuminato), a partire da talli germinativi ottenuti a mezzo di propagazione meristematica.
La Felce di Giava infatti si mostrò subito una delle piante da acquario in assoluto più adatte a questo tipo di coltura, grazie alla sua estrema versatilità e alle ridotte esigenze di illuminazione.
Oggi la raccolta in natura è per fortuna un lontano ricordo, e la totalità delle felci reperibili in commercio viene offerta in vasetti idroponici.
La gestione di queste piante, subito dopo l’acquisto – e prima dell’introduzione in acquario – richiede come sempre alcune precauzioni. È consigliabile infatti operare un’energica potatura, ovvero tagliare tutte le foglie più vecchie, lasciando in pratica le sole radici con il rizoma e le foglie più giovani: in questo modo la pianta sarà stimolata a sviluppare nuove e più numerose foglie sommerse, acclimatandosi più rapidamente. Si è accennato alla non comune versatilità di M. pteropus, che riguarda anche forma e sviluppo delle foglie (eterofillia). L’ambiente in cui la pianta cresce è ovviamente molto importante al riguardo, ma la notevole variabilità osservabile in serra oltreché in natura è fondata su basi genetiche, abilmente sfruttate dagli esperti vivaisti danesi e olandesi per selezionare e fissare nuove varietà (cultivar), che, in pochi anni, hanno superato la forma selvatica nel gradimento degli acquariofili.
Le esigenze di coltivazione sono le stesse per tutte le varietà disponibili in commercio, in pratica cambiano solo forma e dimensioni del fogliame.

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Innanzitutto le radici di queste felci, una volta liberate pezzo per pezzo dalla lana di roccia in cui si sono sviluppate, devono essere fissate su legni o su rocce porose (ottime quelle laviche), adoperando ad esempio un filo metallico rivestito di vinile che, dopo circa un mese può essere rimosso. Se invece sono interrate nel substrato come quelle di una pianta qualsiasi, la felce è destinata a una crescita stentata e di solito effimera, poiché l’acqua non scorre a sufficienza attraverso la sabbia e l’apparato radicale tende perciò a marcire.
Le accortezze per coltivarla al meglio
Un particolare spesso sottovalutato dagli acquariofili è l’altezza della vasca. Come tutte le piante fissate su rocce e legni, infatti, M. pteropus si posizionerà inevitabilmente a una certa distanza dal fondo, dalla fascia centrale della colonna d’acqua fin presso la superficie: bisogna fare attenzione che le sue fronde sfiorino appena il pelo dell’acqua, perché le porzioni che dovessero fuoriuscire finirebbero subito con il seccarsi, specialmente nelle vasche aperte; un fenomeno negativo che invece paradossalmente non si riscontra nelle piante coltivate interamente emerse, sia pur in ambiente molto umido come quello del paludario. Per ottenere una crescita più rigogliosa, con la formazione di densi cuscini di foglie, M. pteropus andrebbe collocata dove c’è più corrente, ad esempio vicino all’uscita del filtro. L’erogazione di CO², come d’altronde per tutte le piante, è fondamentale per un buon sviluppo, oltre che per prevenire la famigerata necrosi fogliare (macchie e “buchi” neri), favoriti anche da valori di durezza e di temperatura dell’acqua eccessivi (le fronde colpite vanno estirpate con tempestività). Per la coltivazione in acquario, un valore di pH prossimo alla neutralità sembra essere microsorum_pteropus1ottimale, anche se valori leggermente acidi possono favorire una crescita più rigogliosa e inibire lo sviluppo delle alghe infestanti; una durezza compresa tra 5° e 10°dGH. In natura come in acquario, M. pteropus si adatta anche all’acqua salmastra, cui però andrebbe acclimatata con gradualità (e solo una volta ben adattata alla coltura sommersa in acqua dolce) fino a un massimo del 5-6% di salinità. La temperatura ideale non si discosta da quella preferita dalle maggior parte delle altre piante da acquario: 22-26°C sembravano essere l’optimum, valori più alti e prolungati nel tempo determinano un sensibile rallentamento nella crescita e, al solito, una maggiore vulnerabilità alle alghe epifite infestanti. Queste ultime sono il vero problema nella coltivazione di M. pteropus in acquario, comune del resto a quasi tutte le piante a crescita lenta e in particolare a quelle fissate a rocce e legni piuttosto che al fondo.

Lotta alle alghe, una sfida continua
Per prevenirne la comparsa, M. pteropus – andrebbe inizialmente posizionata – nel primo periodo di acclimatazione – sotto una luce non troppo intensa (meglio se filtrata da piante galleggianti, come Salvinia o Lemna); solo successivamente una volta che la pianta risulti ben acclimatata (produzione di nuove fronde), si aumenterà l’illuminazione, arrivando anche a posizionarla sotto la luce diretta dove potrà raggiungere uno sviluppo maggiore, sia per quanto riguarda la densità del fogliame che il suo colore, che virerà col tempo a un verde più intenso. Quando le foglie crescono particolarmente fitte, si dovrebbero potare quelle esterne più vecchie, anche se apparentemente ancora sane: le alghe infestanti non solo hanno la tendenza a svilupparsi agevolmente sulle foglie vecchie, ma la sporcizia tende a raccogliersi sul fogliame eccessivamente fitto, favorendo ulteriormente l’insediamento algale. Come buona regola, si dovrebbero asportare le foglie con screziature marroni, quelle con lo sporangio sul dorso oppure quelle avventizie. Nella felce di Giava, infatti, possono formarsi – particolarmente sulle foglie più vecchie – delle plantule avventizie in tutto simili alle piante-madri, provviste anche di radici. È preferibile, staccarle dalle foglie, in quanto possono comportarsi da veri e propri “parassiti”, sottraendo nutrimento alla pianta-madre fino a portarla alla morte se in numero eccessivo. Una volta prelevate, vanno fissate su un supporto idoneo (pietra lavica, legno, oggetti di terracotta), dove cresceranno dando origine a una nuova pianta. Poiché questa specie non assorbe grandi quantitativi di nitrati e fosfati, se questi sono abbondantemente disponibili ci sarà un ulteriore stimolo per l’attacco delle alghe: è preferibile perciò associare M. pteropus a piante a crescita rapida, in grado di assimilare velocemente grandi quantità di nutrienti, come le varie Ceratophyllum, Ceratopteris, Limnophilla e Hygrophila. È inoltre sempre consigliabile coltivare la felce di Giava in vasche in cui siano presenti pesci e invertebrati algivori, come i Loricaridi (Ancistrus, Otocinclus, Pterygoplichthys, ecc.), Crossocheilus spp., Gyrinocheilus aymonieri, Black Molly,Guppy,Ampullarie, Neritine e Caridine.

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Principali varietà di serra (cultivar) di Microsorum pteropus
Windeløw – Prende il nome da H. Windeløw, fondatore della serra danese “Tropica” in cui ha visto la luce agli inizi degli anni Novanta. Facilmente riconoscibile per le punte delle foglie che si ramificano più volte dandole un aspetto “piumoso”, raramente supera i 20 cm di altezza e si riproduce facilmente tramite plantule avventizie. Adatta per vasche a partire da 60-80 litri e 30-35 cm di altezza.

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Tropica – il nome è quello dell’omonima serra danese, dove questa varietà è stata selezionata e brevettata insieme alla precedente. Fronde lunghe fino a 30-40 cm profondamente incise sui margini e vagamente simili a quelle del dente di leone, produce anch’essa plantule avventizie ma sembra sterile (nessuna produzione di spore). Adatte per vasche di almeno un centinaio di litri, alte minimo 40 cm.

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Narrow Leaf – letteralmente “foglie strette”, per la caratteristica forma delle fronde di color verde chiaro finemente allungate. Probabilmente si tratta di una varietà di origine selvatica, importata per la prima volta in Olanda agli inizi degli anni Novanta. Vasche a partire da 80 litri e 35 cm di altezza.

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Petit – Il nome è intuitivo: forma “nana” molto utilizzata nelle mini-vasche oggi tanto in voga. Si può infatti coltivare anche in nano acquari a partire da una ventina di litri e 20-25 cm di altezza.

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Microsorum musifolium.
Microsorum musifolium.