Nel progettare il mio paludario, volevo che assomigliasse il più fedelmente possibile ad un angolo della foresta allagata sudamericana detta anche “igapò”.
L’ACQUARIO
Per fare questo ho usato un acquario di circa 400 litri di capacità avente le seguenti misure: 120x60x60.
L’acquario è dotato di un filtro biologico a comparti caricato con materiale filtrante quali la lana di Perlon, cannolicchi in ceramica e spugna sintetica. Una pompa da 600 l/h riporta l’acqua filtrata in acquario attraverso una piccola cascata posta sul lato sinistro del paludario. Nel filtro trova posto anche un riscaldatore a provetta tarato sui 25°C.
Sul fondo dell’acquario ho inoltre fissato con del silicone un cavetto riscaldante che contribuisce a creare quella corrente di aria calda ascensionale che tanto bene fa alle piante. Ricordo che un fondo sabbioso freddo provoca alle piante la cosiddetta malattia dei “piedi freddi”, rallentando la crescita o addirittura provocando la morte dei vegetali.
Come sfondo, per le pareti posteriori dell’acquario, ho optato, per la parete del filtro, per uno sfondo tridimensionale in resina, in vendita nei negozi di acquariofilia. Questo sfondo è molto realistico e rappresenta un tronco di legno con radici contorte immerso nell’acqua (ideale per la mia idea di foresta allagata), per le restanti due parti di pareti posteriori (ai lati del filtro), mi sono autocostruito due sfondi tridimensionali in polistirolo.
COSTRUZIONE SFONDO TRIDIMENSIONALE
Per costruire questi due sfondi ho tagliato a misure due fogli di polistirolo che andranno in seguito incollati con il silicone alla parete posteriori dell’acquario. Ho costruito della finta roccia, assemblando pezzi rotti di polistirolo e li ho incollati con del silicone ai fogli di polistirolo. Ho aggiunto qualche piccolo contenitore in plastica, fissandolo sempre con del silicone. Per nascondere alla vista questi contenitori (che in seguito, saranno la dimora di alcune piante palustri), li ho ricoperti con piccoli pezzi di polistirolo. A questo punto ho modellato il polistirolo con un attrezzo a caldo (usato per saldare), il polistirolo scaldato si raggrinzisce e si verranno così a formare delle asperità tipiche delle rocce naturali.
A questo punto, dopo aver visto che il mio lavoro, mi soddisfaceva dal lato visivo, ho ricoperto il tutto con della colla per piastrelle Kerakoll H40. Questa colla, in polvere, va diluita con un po’ d’acqua a formare una sorta di pastella non troppo liquida ma neanche troppo densa. Con l’aiuto di un pennello, ho ricoperto appunto tutto lo sfondo. Vanno date due o tre mani di questa colla sul polistirolo, in quanto la prima mano fatica ad attaccarsi allo stesso. Se si vuole evitare questo inconveniente si può usare come aggrappante della cementite. Attenzione: va usata quella all’acqua perché altrimenti il polistirolo si scioglie completamente.
La mia parete rocciosa iniziava a prendere forma.
Lasciata asciugare bene la colla per piastrelle (tra una mano e l’altra ci devono passare almeno tre o quattro giorni, dipende dal clima e dalla stagione), sono passato alla verniciatura.
Sempre con colori ad acqua, perché sono atossici se immersi in acquario.
Con l’aiuto di una bomboletta spray ho dato una prima mano di smalto nero (all’acqua) su tutto lo sfondo. Dopodiché mi sono sbizzarrito con i colori che più mi appagavano l’occhio (marrone, verde, beige, ocra). Qui serve un po’ di fantasia e spirito di osservazione. A lavoro finito, lo sfondo tridimensionale è quasi pronto per essere fissato alla parete dell’acquario. Manca un ultimo passaggio: l’impermeabilizzazione. Se immergiamo in acqua, lo sfondo così fatto, infatti, i colori a lungo andare, si scioglieranno nel liquido, causando l’intorbidamento dello stesso, eventuali patologie ai pesci e lo “sbiancamento” dello sfondo, decisamente poco gradevole alla vista.
Per ovviare a questo inconveniente bisogna usare un impermeabilizzante. Io ho usato del PLASTIVEL spray (va bene anche quello da dare con il pennello). Ho spruzzato il Plastivel su tutta la mia opera. Anche qui andrebbero spruzzate (o spennellate) più mani, lasciando sempre asciugare bene tra una mano e l’altra.
Ci sarebbe anche un’altra soluzione, decisamente più costosa e problematica. L’uso della resina epossidica bicomponente. Problematica perché? Perché le due componenti di questa resina, affinchè il composto diventi attivo vanno miscelate fra loro e una volta miscelate induriscono abbastanza in fretta. Per cui andrebbero miscelate solo piccole dosi un po’ per volta. Un lavoro lungo e laborioso.
Il Plastivel va benissimo.
L’unica raccomandazione è quella che una volta terminato lo sfondo 3D va risciacquato molte volte sotto l’acqua corrente o addirittura lasciato a bagno nell’acqua per alcune settimane (cambiando l’acqua ogni giorno). Questo perché eventuali sostanze tossiche per gli animali si disperdano e volatilizzino rendendo inerte la struttura.
Terminato tutto questo lavoro, lungo ma di enorme soddisfazione (è bello vedere crescere una cosa costruita con le tue mani anziché acquistarne uno già bello e pronto), ho proceduto con il fissaggio dello sfondo al vetro posteriore dell’acquario. Per fare questo ho usato del silicone. Ho cosparso bene di silicone la parete posteriore dello sfondo, l’ho premuto con decisione ma senza troppa pressione, altrimenti si spaccava, contro il vetro ed ho aspettato qualche minuto, il tempo che il silicone iniziasse a polimerizzare. Eventualmente si può appoggiare qualche libro contro lo sfondo per tenerlo fermo fino a quando non sarà perfettamente fissato al vetro. Fare molta attenzione a non risparmiare sul silicone, perché una volta che sarà introdotta l’acqua, la pressione della stessa spingerà il polistirolo verso l’alto e se non è fissato bene, vi salta fuori come un siluro con le conseguenze che tutti potete immaginare.
FONDO DELL’ACQUARIO
Dopo aver fissato gli sfondi tridimensionali al vetro posteriore e il cavetto riscaldante sul fondo dell’acquario, ho introdotto il substrato composto da un primo strato di terriccio fertilizzato studiato appositamente per la coltivazione di piante acquatiche. Di seguito con alcune rocce ho creato delle terrazze, movimentando il fondo, altrimenti troppo piatto. A questo punto ho versato del ghiaietto quarzifero chiaro, avendo cura, di aumentarne lo spessore nelle terrazze create. Ho completato l’arredamento dell’acquario con radici e legni, in vendita nei negozi di acquariofilia appositamente per gli acquari d’acqua dolce.
IL RETRO DELL’ACQUARIO
Nella parte posteriore dell’acquario è stato inserito un cassone in legno, largo 20 cm e lungo 120 cm e alto 30 cm, opportunamente impermeabilizzato dove poi ho inserito del terriccio e dove ho introdotto alcune piante.
Per coibentare il cassone di legno ho usato, una volta assemblate le tavole fra di loro, della catramina per la verniciatura interna della scatola.
Dopo aver lasciato asciugare bene la catramina, ho incollato alle pareti interne e sul fondo del cassone dei fogli di polistirolo spessi 1 cm.
Come ulteriore protezione contro l’umidità e le infiltrazioni d’acqua ho inserito all’interno del contenitore un foglio di nylon del tipo più spesso, lasciato opportunamente più abbondante (l’ho fissato poi esternamente alla scatola con della colla e del nastro adesivo).
Il foglio di nylon va fatto aderire bene alle pareti del contenitore, per fare questo ho distribuito contro le pareti di polistirolo una dose massiccia di silicone e poi ho introdotto il telo, modellandolo con le mani per farlo aderire perfettamente alle pareti.
Facendo così però l’acqua che verrà usata per annaffiare le piante si depositerà sul fondo facendo inzuppare il substrato e questo potrebbe causare del marciume radicale alle piante, cosa che dobbiamo assolutamente evitare.
Per ovviare a questo inconveniente, ho escogitato un sistema (l’idea non è mia, ma rubata da internet). Ho preso un tubo di plastica rigida del diametro di 2-3 cm. L’ho tagliato leggermente più alto della scatola in legno (un paio di cm bastano). Con l’aiuto di un trapano ho praticato una serie di fori a varie altezze su di un lato del tubo. Ho ricoperto questi fori con una rete a maglie fini (zanzariera) che ho fissato al tubo on una fascetta in plastica. Con del silicone ho poi fissato il tubo, con la parte dei fori, rivolta verso il basso, al fondo della scatola.
Questo stratagemma serve ad aspirare l’acqua in eccesso che si andrà inevitabilmente a formare sul fondo della scatola. Per aspirare l’acqua ho usato una grossa siringa priva dell’ago, nella quale ho incollato (al posto dell’ago) un tubicino al silicone (del tipo usato per gli aeratori degli acquari), lungo qualche cm più del tubo in plastica.
Come si utilizza questo sistema?
Semplice si introduce il tubicino al silicone all’interno del tubo in plastica rigido e con l’aiuto della siringa si aspira l’acqua. Tutto qui, semplice ma ingegnoso!
Ora il cassone in legno è pronto per essere riempito.
Il primo strato sarà composto da palline di argilla espansa nella misura di 3-4 cm di altezza. Queste palline serviranno come drenaggio dell’acqua e serviranno per non far otturare i fori nel tubo di plastica dal terriccio dilavato dall’acqua.
Sopra le palline di argilla espansa, andrà steso un foglio di tessuto non tessuto. Questo tessuto è quello usato in orticoltura per proteggere gli ortaggi dal gelo o dalla pioggia intensa. Nel mio caso il suo uso è utile perché non permette al terriccio di infilarsi tra le palline di argilla espansa.
Il prossimo strato, sarà composto dal terriccio vero e proprio. Per una buona crescita delle piante andrà formata una miscela composta da terriccio universale, torba, sabbia e foglie sminuzzate. Introdurre anche dei pezzi di carbone (la carbonella da barbecue è l’ideale). Il carbone servirà a sterilizzare il terriccio da eventuali agenti patogeni.
LA PARETE POSTERIORE
Questa parete è il vero punto focale di tutta la struttura, quella che attira subito la vista dell’osservatore e quindi va preparata con la massima cura nei dettagli.
Nel mio paludario, ho usato per la struttura, dei pannelli di legno dello spessore di 1,5 cm, alti 90 cm e larghi 60 cm. Li ho verniciati precedentemente con catramina (2 mani) ed in seguito li ho fissati al muro di casa con dei tasselli. Il loro posizionamento deve corrispondere alla lunghezza dell’acquario e del cassone in legno posto dietro di esso. Il bordo inferiore del pannello deve corrispondere con quello posteriore del cassone. Altri due pannelli più stretti sono stati fissati ai lati di quelli più grandi in corrispondenza dei lati corti del cassone. Anche questi precedentemente verniciati con catramina.
Quando tutta la struttura è stata fissata, ho incollato a tutti i pannelli dei fogli di polistirolo, ricoprendo tutta la superficie disponibile.
Anche qui, come per lo sfondo tridimensionale dell’acquario ho creato della roccia sintetica, usando lo stesso procedimento. Per le piante ho usato dei vasi in plastica, più grossi rispetto a quelli usati per l’acquario. Anche questi vasi sono stati celati alla vista con del polistirolo. Sempre usando lo stesso procedimento dello sfondo 3D ho ricoperto in tutto con colla per piastrelle, vernice e plastivel. Inoltre in alcuni punti, ho aggiunto della torba, fissandola alla parete rocciosa quando il plastivel era ancora in fase di asciugatura. Una volta asciutto, plastivel e torba diventavano un tutt’uno e non si sarebbe più staccata.
Dopo aver terminato la “roccia” ho aggiunto alcuni grossi rami in legno (prelevati in natura) per completare l’arredamento. Inoltre nella parte bassa hanno trovato posto anche alcuni grossi ciottoli a simulare la riva di un torrente.
VETRI LATERALI
Per consentire una nebulizzazione dell’acqua ottimale alle piante e per una questione estetica ho aggiunto due vetri laterali, alla struttura, appoggiandoli sopra ai vetri laterali dell’acquario con una guida in alluminio e fissati con del silicone. Il lato lungo di questi vetri invece è appoggiato contro i pannelli in legno laterali della parete posteriore, sempre usando una guida in alluminio e sempre fissandoli con del silicone.
ILLUMINAZIONE
Per illuminare il tutto ho usato una plafoniera HQI da 150 watt a luce bianca appesa al soffitto (illuminazione piante della zona emersa), invece l’acquario è illuminato dal un tubo al neon da 30 watt, posto dietro il vetro frontale dell’acquario e appeso al soffitto tramite due cavetti in acciaio. Due timer, uno per lampada, accendono e spengono in tempi diversi le due fonti di illuminazione del mio paludario con un intervallo temporale di 12 ore circa.
NEBULIZZAZIONE E IRRIGAZIONE
Le piante poste nella zona emersa del mio paludario vengono nebulizzate con acqua osmotica (priva di calcare) una o due volte al giorno con un nebulizzatore manuale. Ogni due o tre giorni inoltre vengono irrigate con acqua prelevata direttamente dall’acquario. Non sono usati fertilizzanti chimici perchè l’acqua usata per le nebulizzazioni o per l’irrigazione potrebbe finire involntariamente in acquario cusando la morte dei pesci presenti. Gli unici fertilizzanti usati sono quelli per uso acquariologico e introdotti direttamente in acquario.
PIANTE
Nella zona emersa ho introdotto svariati tipi di piante (bromelie, ficus, Spathiphyllum, Asplenium, begonie, orchidee, Tillandsie, ecc.) mentre ho arredato l’acquario con piante resistenti e non affamate di eccessiva luce, come Anubias, Cryptocoryne, Vallisneria. Alcune piante emerse coma la Riccia fluitans completano l’arredamento dell’acquario.
PESCI
Come ospiti dell’acquario inizialmente avevo inserito pesci tipici dei fiumi sudamericani, quali Corydoras, Paracheirodon innesi (neon), Apistogramma, Petitella, Scalari, ecc. Ora invece l’acquario ospita una coppia di Cichlasoma nigrofasciatum e una moltitudine di piccoli di questi pesci, di svariate dimensioni. Nessun altro pesce ha resistito all’esuberanza di questi territoriali ciclidi sudamericani.