PALUDARIO O ACQUATERRARIO (TERRACQUARIO)

paludarioGli acquari si stanno diffondendo sempre più nel nostro Paese; qualcuno “osa” anche allestire un laghetto in giardino, ma quanti sono quelli che arditamente posseggono un paludario in casa? Pochi.

Pochi malati di acquariofilia allo stato acuto, malattia dalla quale si può difficilmente regredire, ma più facilmente peggiorare, cercando di interessarsi sempre a nuovi stimoli, nuove idee, nuovi pesci, nuove riproduzioni.

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Cos’è un paludario?

Il paludario è sostanzialmente un acquario aperto, con un’ampia parte sovrastante che riproduce la riva di un lago o di un fiume immersi nella foresta pluviale, quindi un sistema che mostra tutta la spettacolarità della natura in un solo insieme, legando l’hobby dell’acquariofilia a quello della terrariofilia, strettamente affini tra loro, grazie soprattutto all’aumentato interesse verso allestimenti che non si limitino all’ambiente acquatico ma offrano sempre maggiori possibilità di rivolgere le proprie attenzioni all’ambiente ripario, naturale proseguimento e completamento di quello sommerso.

Il paludario tropicale rappresenta il matrimonio perfetto tra la coltivazione di piante epifite, palustri ed acquatiche, e l’allevamento di pesci, anfibi e rettili, riproducendo una riva fluviale o lacustre di foresta.

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Il paludario è una vasca che ricrea le condizioni di un piccolo stagno o una palude, è necessario alla coltivazione delle piante carnivore acquatiche.
II paludario (o acquaterrario) ci consente di riprodurre nella stessa vasca sia l’ambiente acquatico che quello ripario, quindi di allevare, oltre ai pesci, vari animali semi-acquatici come Anfibi e Rettili, nonché di coltivare nelle migliori condizioni possibili piante palustri e galleggianti. La parte sommersa di un paludario può considerarsi proprio come un acquario d’acqua dolce e pertanto in essa si possono allevare pesci ed invertebrati.

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Facciamo innanzitutto chiarezza sui termini: “paludario, acquaterrario” e “terracquario” : sono tutte definizioni che, sostanzialmente, indicano una vasca in cui la parte acquatica e quella terrestre abbiano grosso modo un’estensione simile. Per alcuni il paludario sarebbe null’altro che un acquario con la sola parete di sfondo emergente o comunque con una ridottissima superficie di oggetti sommersi (rocce, legni) affiorante dall’acqua, mentre acquaterrario e terracquario indicherebbero vasche in cui, nell’ordine, predominano la parte acquatica o quella terrestre. In realtà, l’unica distinzione apprezzabile tra acquaterrario (o terracquario) da una parte e paludario dall’altra, sta nella molto maggiore importanza che in quest’ultimo assume la vegetazione, sia acquatica che palustre e igrofila, tanto che teoricamente è perfino possibile progettare e allestire splendidi paludari senza neppure… un animale!

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Inoltre, ma questa è un’opinione non condivisa da molti un paludario dovrebbe essere sempre provvisto di coperchio, per mantenere al suo interno un grado di umidità necessariamente elevato, viceversa non strettamente necessario in un acquaterrario che potrà quindi essere anche di tipo “aperto”, come ad esempio molte vasche per tartarughe palustri. Dunque, come “paludario’ ci riferiremo in questo articolo ad una vasca riproducente una riva fluviale o lacustre di foresta tropicale, caratterizzata da una rigogliosa vegetazione epifita e palustre, oltreché acquatica.

f30387aff6b7c4ea072b31c772914d59FORMA E MATERIALI ADATTI ALLA COSTRUZIONE DI UN PALUDARIO

Dunque come “paludario” ci riferiremo ad una vasca riproducente una riva fluviale o lacustre di foresta tropicale, caratterizzata da una rigogliosa vegetazione epifita e palustre, oltrechè acquatica.

Tale presupposto condiziona inevitabilmente forma e materiali della vasca.

Partiamo da questi ultimi: la presenza di acqua (la zona sommersa è un vero e proprio acquario) e l’elevatissima umidità ambientale sconsigliano in modo categorico l’impiego di legno e altri materiali deteriorabili, anche se isolabili con resine e vernici in misura più o meno soddisfacente. Il vetro resta (costi a parte) il materiale più affidabile per tenuta nel tempo (abbinato al silicone), facilità di lavorazione e resa estetica. Naturalmente, per impianti particolarmente grandi – di solito realizzati “a parete”, cioè incassati nel muro – il vetro potrà essere limitato alla sola parete frontale, mentre le altre saranno in cemento o muratura: in tal caso, però, esse andranno interamente rivestite (non solo la porzione a contatto diretto con l’acqua!) con resine e/o vernici epossidiche atossiche bicomponenti. La forma della vasca è invece dettata dall’esigenza di disporre, otre alla zona acqua-terra, di un adeguato spazio sovrastante a disposizione della vegetazione palustre ed epifita: ciò comporta, rispetto ad esempio all’acquario vero e proprio o all’acquaterrario per tartarughe, una maggiore estensione in altezza pur se non così esasperata come nei terrari che riproducono ambienti di foresta pluviale.

paludario-terrario-compressedALLESTIRE IL PALUDARIO

La sua costruzione non è particolarmente difficile, ma il paludario deve essere controllato spesso perché, soprattutto all’inizio, le condizioni non sono stabili (ad esempio l’acqua puo’ diventare torbida o riempirsi di alghe).

L’allestimento di un paludario richiede vasche particolarmente alte e quindi al di fuori dei comuni standard, motivo che spinge molti appassionati a ricorrere al “fai da te” oppure ad artigiani vetrai. Anche i negozi specializzati offrono tuttavia alune valide soluzioni, sia di produzione industriale(da evitare però i comunissimi acquaterrari aperti, di solito non adatti a ricreare un micro-clima tropicale e da dedicare piuttosto alle giovani tartarughine acquatiche) che su misura.

Nella classica vasca a parallelepipedo, le proporzioni ideali da rispettare sono le seguenti: altezza (esclusi coperchio e lampade) pari a circa 3/4 della lunghezza, profondità (larghezza) pari a circa 2/3 della lunghezza. Alcuni esempi: 100x65x75(h) cm, 80x50x60(h) cm, I 150x100x115(h) cm. In alternativa la vasca può essere cubica, in tal caso ovviamente con le 3 dimensioni uguali, soluzione comunque non ottimale. Quanto alle misure, non ci sono praticamente limiti: finanze e spazio permettendo, si può allestire un vero angolo di ruscello di foresta amazzonico occupando tutta la parete di un soggiorno, ma anche accontentarsi di un “mini-paludario” da una decina di litri scarsi di volume alla stregua dei mini-acquari e dei nano-reef oggi tanto di moda.

Va in ogni caso sottolineato come la valutazione delle dimensioni di un paludario sia diversa rispetto all’acquario, proprio per l’importanza che assumono al suo interno terra e aria rispetto all’acqua.

1_paludarium2Così, se un acquario d’acqua dolce di poco più di 150 1 lordi considerato “medio” se non grande un paludario di analogo volume rientra nella categoria dei piccoli.  Non ne siete convinti? Consideriamo la base di un paludario preso ad esempio (70x45x50) con equamente suddivisa tra parte terrestre (posteriore) e parte acquatica (anteriore) da una lastra alta 20 cm.: la parte acquatica conterrà sì e no una trentina di litri lordi, quella emersa sarà rappresentata da una striscia di terra di 70×22 cm circa, (presumibilmente ingombra di sassi, legni, cortecce, ecc.) e le piante collocate al livello più basso disporranno di poco più di una ventina centimetri per svilupparsi in altezza, senza contare ovviamente le epifite su legni e rocce!

Un paludario, inoltre, dovrebbe essere sempre provvisto di coperchio (nonchè di un vetro frontale asportabile o scorrevole nella sezione superiore, corrispondente alla parte terrestre, così da agevolare qualsiasi intervento di gestione all’interno), per mantenere al suo interno un grado di umidità necessariamente elevato (minimo 70-80%).

10101054mrMATERIALI NECESSARI

Per costruire il paludario dunque abbiamo bisogno di una vasca contenente almeno 10 litri di acqua, anche se l’ideale è ovviamente una vasca molto più grande (50 o più litri di acqua), in modo da avere condizioni stabili. In secondo luogo, abbiamo bisogno di alcuni materiali per allestire un fondale adeguato: l’ideale sarebbero alcune foglie (di piante acquatiche come iris, carice o altre che si possono facilmente trovare negli stagni), miste con terra, torba (che va idratata prima di essere usata), sabbia e ghiaia di quarzo (materiali inerti).
Per prima cosa si deve creare un fondale: mescolare i materiali per il fondale e poi deporli sul fondo della nostra vasca
E’ molto importante non esagerare con le parti organiche (foglie, terra, torba), perché questo porterebbe ad una grande proliferazione di alghe.
Il rapporto consigliato è di 3 parti di sabbia e ghiaia ben mescolate ed 1 parte di torba, terra e foglie secche ben mescolate.
A questo punto è possibile aggiungere l’acqua, piovana o da osmosi inversa (anche se per alcune specie va bene pure l’acqua del rubinetto, lasciata opportunamente a riposare per far evaporare il cloro).
Versare l’acqua con delicatezza per non smuovere eccessivamente il fondale (che potrà comunque esser riposizionato manualmente nel caso si dovessero formare delle voragini).

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Dopo avere riempito il paludario probabilmente vedrete molti detriti galleggiare sulla superficie: quelli che non si depositano sul fondo dopo qualche ora possono esser tolti.
Il paludario va tenuto senza piante per qualche giorno per lasciare che le condizioni si stabilizzino: questo è un momento importante, poiché potrebbe esserci un’ invasione di alghe o l’acqua potrebbe diventare torbida ; in questi casi si puo’ risolvere il problema pulendo bene le pareti e cambiando l’acqua.
Dopo una settimana circa (se non si sono manifestati troppi problemi) è possibile aggiungere le piante. Le piante carnivore convivono bene con piante “ausiliarie” che depurano l’acqua: fra queste troviamo iris, giunchi, carici, ma anche Eichhornia crassipes, Salvinia natans e molte altre specie.
Inoltre, puo’ essere necessario introdurre nel paludario le dafnie. Le dafnie, che si nutrono grazie a un apparato filtratore (la loro bocca),puliscono l’acqua e la rendono meno torbida.
Il paludario ben stabilizzato non richiederà altra cura che l’aggiunta saltuaria dell’acqua evaporata, in modo da tenere sempre costante il livello idrico.

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COME SEPARARE LA ZONA EMERSA DA QUELLA ACQUATICA

La suddivisione tra parte acquatica e parte “asciutta” può essere netta e perfettamente isolante (tramite una lastra di vetro incollata con silicone), oppure realizzata con rocce e legni a formare una sorta “ripa” naturale. Nel primo caso, il vetro divisorio si “camufferà” prima del riempimento incollandovi con il solito silicone un pannello di sughero o delle cortecce di analogo materiale, oppure gli appositi pannelli in resina (ritagliabili a misura con un seghetto) venduti come sfondi per gli acquari. Come accennato poc’anzi, questa soluzione permette di isolare perfettamente la zona acquatica da quella terrestre, che definire però “asciutta” sarebbe improprio: acqua vi giungerà infatti continuamente dall’innaffiamento delle piante, dalle frequenti nebulizzazioni (“pioggia artificiale”) e dagli animali che transitano fra i due ambienti; per favorirne il drenaggio e impedire indesiderabili ristagni, è consigliabile utilizzare per il riempimento della sezione terrestre materiali quali l’argilla espansa, la graniglia lavica, il ghiaietto grossolano (da 3-4 cm), i ciottoli di fiume, ecc., ricoperti da uno strato di sabbia fine e/o di muschio.

maxresdefaultSi evitino invece materiali come la torba o il terriccio (salvo che negli strati più bassi e ben ricoperti), che potrebbero essere smossi e trascinati in acqua intorbidandola dagli animali. Le piante igrofile e palustri potranno esservi messe a dimora con il loro vasetto di coltura (specie se idroponica), oppure direttamente nel substrato previa spuntatura delle radici; per la fertilizzazione è consigliabile usare i prodotti per uso acquariofilo. Ovviamente, le precauzioni sin qui suggerite saranno ancor più importanti nel caso di una suddivisione realizzata con rocce (come le lastre di ardesia), cortecce e legni accatastati o giustapposti tra loro: in questo caso, infatti, la separazione tra parte acquatica e zona emersa sarà alquanto approssimativa e occorrerà prestare molta attenzione a materiali e prodotti utilizzati nell’una e nell’altra sezione, per evitare reciproci inquinamenti. Per l’arredamento della zona emersa, spazio ovviamente alla fantasia: lo sfondo si potrà realizzare incollando alla parete posteriore un semplice pannello di sughero, uno dei Í nuovi pannelli in cocco per piante, epifite o uno sfondo tridimensionale in resina sia commerciale che autocostruito, mentre sul fondo si dispor¬ranno tronchi, radici, canne di bambù, cortecce, rocce, ecc. a seconda del tipo di ambiente che si intende ricreare.

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Mantenere un elevato grado di umidità (oltre 80%) nel paludario non è difficile: la costante evaporazione della parte acquatica riscaldata, infatti, è in genere sufficiente allo scopo. In vasche molto grandi e ben aerate può rendersi necessaria una “pioggia artificiale” periodica attuabile più volte al giorno con una pompa azionata da un timer che peschi acqua (riscaldata a 25-30°C) da un apposito serbatoio e la spinga in appositi tubi forati nebulizzanti posti sotto il coperchio; impianti per nebulizzazione già pronti sono anche in vendita nei vivai più forniti e nei negozi di terrariofilia.

ANIMALI ADATTI ALLA PARTE TERRESTRE DEL PALUDARIO

Per la parte emersa: Rane, Occidozyga, sauri come Basiliscus, Hydrosaurus, Iguana, Physignathus, serpenti acquatici dei generi Acrochordus, Eunectes, Natrix, Nerodia, Thamnophis, Xenochrophis e Xenopeltis. Per questi ultimi è necessario integrare l’illuminazione delle lampade principali con quelle specifiche per rettili (spot infrarossi, neon UV-A e UV-B).

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La parte acquatica va considerata, come detto, un acquario a tutti gli effetti, anche se con una profondità relativamente ridotta. Nei paludari più grandi essa potrà raggiungere un volume considerevole (superiore al centinaio di litri), in tal caso si può considerare la possibilità di dotarla di un vero e proprio filtro biologico incorporato che faccia da divisorio fra il settore acquatico e quello terrestre: in pratica, un doppio vetro divisorio anzichè uno singolo, suddividendo l’intercapedine centrale in scomparti riempiti di materiali filtranti (spugne, lana, cannolicchi, carbone attivo, zeolite, ecc.).

Nelle vasche più piccole il problema del filtraggio è facilmente risolvibile scegliendo tra l’ampia gamma di filtri rapidi interni, azionati da pompa incorporata a potenza fissa o regolabile (preferibili) e caricati con cartucce di spugna meglio se abbinabile a carbone attivo e/o zeolite.

Sempre nelle vasche di piccole e medie dimensioni (volume della zona acquatica inferiore ai 100 l. con profondità entro i 30 cm) un’ottima alternativa al classico termoriscaldatore a provetta è rappresentata dal cavetto termico, che oltre a garantire un riscaldamento uniforme ha anche il vantaggio di non occupare spazio e non richiedere partiolari accorgimenti per essere nascosto alla vista: i modelli di potenza compresa tra i 4 e i 50 W sono i più indicati, indispensabile però collegarli ad un buon termostato.

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Come detto in precedenza, il riscaldamento dell’acqua (T 25-27°C circa) comporta un’evaporazione costante e massiccia all’interno del paludario, da compensare con frequenti rabbocchi.

Per evitare che la contrapposizione tra zona sommersa e zona emersa stoni troppo nel layout, si possono posizionare legni e radici particolarmente contorti affinchè, partendo dai margini della parte terrestre, vadano a lambire la superficie dell’acqua o a raggiungere il fondo fungendo peraltro da “passerella” per gli animali anfibi. In piccoli allestimenti, invece, la zona asciutta si può creare più semplicemente con rocce sovrapposte che poggiano sul fondo della parte sommersa e/o radici di torbiera, mangrovia, saana e simili. Se la suddivisione sarà realizzata con rocce (come lastre di ardesia), cortecce e legni accatastati o giustapposti tra loro bisognerà prestare molta attenzione a materiali e prodotti utilizzati nella sezione emersa (fertilizzanti, ecc.) per evitare l’inquinamento di quella emersa, in quanto la separazione tra parte acquatica e zona emersa risulterà alquanto approssimativa. Lo sfondo si potrà realizzare incollando alla parete posteriore un semplice pannello di sughero, uno dei nuoi pannelli in cocco per piante epifite o uno sfondo tridimensionale in resina sia commerciale che autocostruito (in alternativa, si può posizionare una retina in plastica trasparente a maglie larghe su cui far aderire rampicanti igrofile come Ficus pumilaPothos sp., che in bree formeranno una rigogliosa parete naturale, raggiungendo e coprendo anche i vetri laterali), mentre sul fondo si disporranno tronchi, radici, canne di bambù, cortecce, rocce, ecc. a seconda del tipo di ambiente che si intende ricreare.

OLYMPUS DIGITAL CAMERARiscaldare l’aria, necessario nei grandi paludari

Come in tutti i terrari, anche nei paludari è importante una buona aerazione: un ricambio costante dell’aria serve non solo a ridurre il fenomeno dell’appannamento e della condensa sui vetri, ma anche a impedire che si formino zone di ristagno dell’aria assolutamente dannose per le piante emerse, nelle quali favoriscono la putrefazione di foglie. Generalmente, una griglia di sufficiente ampiezza posta sopra o poco sotto il coperchio ed una apposita situata in basso, poco sopra il pelo dell’acqua, sono sufficienti a garantire un buon ricambio, grazie anche all’effetto “a camino” prodotto dal calore delle lampade che genera una circolazione termica dell’aria. L’evaporazione di acqua calda assicura anche un buon riscaldamento dell’ambiente, in genere sufficiente per paludari chiusi di piccole e medie dimensioni sia per le piante che per gli anfibi: i rettili (sauri e serpenti) e i paludari più grandi richiedono invece un riscaldamento supplementare dell’aria sia durante il giorno (lampade “basking spot”) che eventualmente nelle ore notturne (spot infrarossi o lampade in ceramica), anche se una moderata escursione termica giorno /notte è in ogni caso consigliabile. Sempre se si allevano rettili, sarà necessario accoppiare alle lampade daylight e fitostimolanti destinate alle piante anche uno o più neon con UVA (30-35%) e UVB (4-6%) la sintesi della vitamina D3. Inutile sottolineare che tutte le lampade impiegate – fluorescenti o a bulbo devono essere adeguatamente isolate dall’umidità circostante.
Infine, la parte acquatica va considerata un acquario a tutti gli effetti, anche se con una profondità relativamente ridotta. Nei paludari più grandi essa potrà raggiungere volume considerevole, in tal caso si può considerare la possibilità di dotarla di un vero e proprio filtro biologico incorporato che faccia da divisorio tra il settore acquatico quello terrestre: in pratica, un doppio vetro divisorio anziché uno singolo, suddividendo l’intercapedine centrale in scomparti.

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Nelle vasche più piccole il problema del filtraggio è facilmente risolvibile scegliendo tra l’ampia gamma di filtri rapidi interni, azionati da pompa incorporata a potenza fissa o regolabile e caricati con cartucce di resina alchilica (spugna) spesso abbinabili a carbone attivo o zeolite. Sempre nelle vasche di piccole e medie dimensioni (volume della zona acquatica inferiore ai 100 litri con profondità entro i 30 cm) un’ottima alternativa al classico termoriscaldatore a provetta è rappresentata dal cavetto termico, che oltre a garantire un riscaldamento uniforme ha anche il vantaggio di non occupare spazio e non richiedere particolari accorgimenti per essere nascosto alla vista: i modelli di potenza compresa tra i 4 e i 50 W sono i più indicati, indispensabile però collegarli a un buon termostato. Come detto in precedenza, il riscaldamento dell’acqua (T 25°C circa) comporta un’evaporazione costante e massiccia all’interno del paludario, da compensare con frequenti rabbocchi.

Per paludari o acquaterrari di grandi dimensioni, attraente quanto affascinante si rivela la realizzazione di una piccola cascata: l’acqua, aspirata da una comune pompa ad immersione con flusso regolabile nascosta sul fondo, viene condotta in alto e, qui, rimessa in circolo o direttamente sul pannello di fondo, oppure, attraverso un tubo forato, in maniera da generare un piacevole effetto pioggia.

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SCELTA DELLE PIANTE

riparium_hydrophyteLa vegetazione ovvero l’imbarazzo della scelta

Per quanto riguarda la flora di un paludario, qui la scelta è estremamente vasta: le specie “palustri” sono legate ad ambienti caratterizzati da forti fluttuazioni di livello dell’acqua e quindi sono in grado di svilupparsi sia in parte emerse che sommerse. Spesso sono più facili da coltivare in paludario che in acquario, dove non arrivano alla fioritura o comunque necessitano di maggiori attenzioni.

Le piante palustri in natura non vivono mai completamente sommerse, a differenza di quelle comunemente dette acquatiche, che vivono sempre o per la maggior parte dell’anno sommerse, rimanendo emerse per brevi periodi stagionali.

Se le comprate per il vostro acquario, attirati dalla loro bellezza e dai loro colori, spesso più appariscenti delle piante acquatiche propriamente dette, siete destinati a vederle inesorabilmente marcire. Magari vi daranno l’illusione di adattarsi, butteranno anche qualche foglia nuova, gli Spathyphyllum possono anche fiorire sott’acqua, ma purtroppo questo non durerà a lungo (parlo purtroppo anche per esperienza personale).

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Ecco l’elenco delle piante palustri che più facilmente si trovano in commercio:
• Chamaedorea elegans
• Chlorophytum bichetii, capense
• Dieffenbachia bausei, maculata, picta
• Dracena, o meglio Dracaena, sanderina, compacta, marginata
• Hemigraphis alternata, colorata
• Ophiopogon gigantea, variegata, japonica
• Spathyphyllum wallisi, grandifolius
• Syngonium albolineatum, “white butterfly”
Non a caso queste piante sono note anche come piante d’appartamento, infatti vivono tranquillamente in un vaso, all’asciutto.
Questo invece non è possibile con le piante acquatiche, anche quelle che vivono in natura per periodi anche emerse o semi-emerse possono vivere in vaso, ma solo con l’accortezza di mantenerle sempre all’umido.

Citiamo: Acorus, Anubias, Aglaonema, Alternanthera, Ammannia, Bacopa, Bolbitis, Ceratopteris, Cryptocoryne, , Echinodorus, Hemianthus, Hottonia, Hydrocotyle, Hygrophila, Lagenandra, Lobelia, Ludwigia, Micranthemum, Microsorum, Nesaea, Rotala, Riccia fluitans, Vesicularia dubyana, Glossostigma elatinoides, Lilaeopsis brasiliensis, Lemna, Azolla, Salvinia e Limnobium.
Tra le piante igrofile: Asplenium nidus, Cordyline fruticosa, Dieffenbachia amoena, Dracaena sanderiana, Ficus pumila, Fittonia, Houttuynia cordata, Nephrolepis exaltata, Selaginella wildenowii, Spathiphyllum wallisii, Syngonium podophyllum.
Infine, per la parte strettamente acquatica: Anubias, Cryptocoryne wendtii, Bolbitis heudelotii, Microsorum pteropus.

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La bassa profondità, se da un lato costringe a limitare la scelta a specie di taglia adeguata (scelta comunque ugualmente molto vasta), dall’altro esalta indubbiamente le piante galleggianti e quelle che crescono parzialmente emerse, che solo nel paludario possono essere apprezzate come meritano, arrivando spesso alla fioritura. Purtroppo però molte di queste specie tendono a “spogliarsi” dalle foglie sommerse una volta cominciato lo sviluppo fuori dall’acqua. Il problema della luce dipende essenzialmente da numero, potenza e disposizione delle lampade: non ci si lasci tentare dal risolverlo collocando il paludario davanti a una finestra, gli effetti – almeno d’estate – sarebbero devastanti! Visto che nella maggioranza dei casi la parte acquatica occupa la sezione a ridosso della parete frontale, le lampade andranno collocate nella metà anteriore del coperchio, proprio sopra lo specchio d’acqua; la scelta di neon ad elevato flusso luminoso e la dotazione di riflettori si rendono necessarie per la coltivazione di piante esigenti riguardo alla luce, come le ninfee, Hygrophila difformis e Rotala rotundifolia. La maggioranza delle specie consigliate, comunque, ha esigenze di illuminazione da ridotte a normali, pertanto cresce bene senza particolari accorgimenti tecnici al riguardo; va da sè che una regolare fertilizzazione e la somministrazione di CO2 agevoleranno di molto l’acclimatazione di tutte le piante acquatiche e palustri.

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Vastissima la scelta delle piante coltivabili in un paludario tropicale: basti pensare che la maggior parte di quelle cosiddette “da acquario” in realtà è costituita da specie palustri, tipiche di ambienti caratterizzati da forti fluttuazioni di livello dell’acqua e in grado perciò di svilupparsi sia parzialmente emerse che sommerse. Molte di esse, anzi, si rivelano assai più robuste e facili da coltivare proprio in paludario (parzialmente emerse), dove giungono frequentemente alla fioritura, mentre stentano o si mostrano comunque molto più esigenti in acquario.

Con le piante acquatiche o anche con quelle palustri è molto decorativo trasformare la vecchia boccia dei pesci rossi, che avrete senz’altro messo in un acquario da 60-100 litri tutto per loro dopo aver frequentato in una sorta di piccola serra umida: basta mettere pochissimo fondo fertilizzato, un po’ di sabbia o ghiaietto, qualche centimetro d’acqua e le piantine che più vi piacciono.
Si può anche allestire un “Paludario”, un acquario per metà riempito d’acqua e per metà no, dove allevare rane, tritoni, o solo per il piacere di avere una bella zona emersa.

POSIZIONAMENTO DELLE PIANTE NEL PALUDARIO

Il posizionamento delle piante nella parte terrestre del paludario dee essere valutato, oltre che in base alle loro esigenze in fatto di luce, anche del loro bisogno di umidità. Di solito, è preferibile coltivare le specie più grandi (epifite escluse) in appositi vasetti, che poi potranno essere mascherati con ciottoli, muschi, cortecce e piante tappezzanti, oppure direttamente  nel substrato previa spuntatura delle radici. Le piante igrofile e palustri potranno esservi messe a dimora con il loro vasetto di coltura (specie se idroponica), oppure direttamente nel substrato previa spuntatura delle radici.

P1050061AMBIENTE IDEALE PER I PESCI CHE “RESPIRANO ARIA”

Concludiamo con gli animali: rispetto ad altri tipi di terrario, il paludario è decisamente meno ricco di animali “tipici”, ciò si deve soprattutto alla relativamente ridotta estensione della parte emersa nelle vasche di piccole e medie dimensioni, che non consente la formazione di diversi microclimi differenziati e non offre molto spazio per muoversi agli animali più esigenti. Il problema non si pone nei paludari più grandi, dove popolamento di anfibi e rettili è assimilabile a quello del terrario riproducente l’habitat della foresta pluviale essendo la porzione emersa comunque importante malgrado il considerevole spazio occupato da quella acquatica che, ricordiamolo non è sfruttabile da animali come Dendrobatidi e varie raganelle, i rospi e gli altri Anuri terricoli (tranne durante la riproduzione), i gechi, ecc.

Ospiti ideali dei grandi paludari sono poi le anaconda (ad esclusione di Eunectes murinus, la cui detenzione è vietata in Italia) e i grossi sauri semiacquatici come le iguane, i basilischi, i fisignati e gli idrosauri. Per i paludari di medie dimensioni sono adatti ofidi acquatici come gli asiatici Xenrophis piscator e Xenopeltis unicol gli americani Thamnophis e Nere oppure grossi anfibi (incompatibili con i serpenti!) come i vari Xenopus, Ambystoma e Pleurodeles. Infine, i paludari più piccoli si prestano comunque all’allevamento di anfibi interessanti come gli imenochiri africani, gli ululoni e i tritoni asiatici.

ACUATERRARIO-PALUDARIOE i pesci? Anche se teoricamente tutte le specie d’acquario si possono allevare – spazio permettendo – nella sezione acquatica del paludario, questa rappresenta soprattutto l’habitat ideale per pesci provvisti di organi respiratori accessori (“polmoni”, labirinti ecc.), grazie alla scarsa profondità che ne agevola le risalite per la “boccata d’aria” e all’atmosfera calda e umida che sovrasta la superficie dell’acqua, ottimale per gli scambi gassosi a livello epiteliale e per prevenire malattie da raffreddamento purtroppo non infrequenti negli acquari tradizionali o peggio ancora “aperti”.

Considerando l’atmosfera calda ed umida della parte terrestre sovrastante, ci sono condizioni ideali per l’allevamento di Anabas, Belontia, Betta, Channa, Colisa, Corydoras, Ctenopoma, Helostoma, Macropodus, Notopterus, Osphronemus, Pantodon, Parosphronemus, Polypterus, Sphaerichtys, Trichogaster, Trichopsis, Xenomystus.

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NON SOLO PESCI NEL PALUDARIO

Molti invertebrati acquatici trovano nel paludario una sistemazione ideale, in quanto nei sempre più diffusi acquari aperti fuggono facilmente e finiscono col morire per disidratazione, mentre in quelli con coperchio non sono quasi mai valorizzati a sufficienza.

Le chiocciole acquatiche (Ampullarie) sono altrettanto interessanti da allevare.
Tra gli anfibi da paludario ricordiamo: Ambystoma ( salamandre neoteniche), Pleurodeles, Cynops e Paramesotriton (tritoni), Xenopus, Hymenochirus e Pipa (rane acquatiche), Bombina.

 


2 Risposte a “PALUDARIO O ACQUATERRARIO (TERRACQUARIO)”

  1. Salve,mi chiamo Andrea,interessantissimo articolo.Ho avuto un acquario da 100 l per 5 anni,mi piaceva molto,ma la manutenzione,ad un certo punto,mi ha portato allo smantellamento,principalmente perche’quando dovevo pulire la terra,con quel sifone da inserire che riduceva l’acquario nel suo insieme,un macello,poi non ho mai potuto fare una seria pulizia,se non spostare tutto(piante e pietre) perche’ porzioni di fondo erano irraggiungibili.Negli anni,mi sono fatto affascinare tantissimo dalle piante ed in particolari,quelle tropicali. Quindi ne ho comprate qualcuna da mettere in casa,ma mi sembravano delle cose fuori luogo,li,nei loro vasi,perdendo il loro fascino. Quando pero’,sono andato all’acquario di Genova ed ho visto quella meravigliosa zona tropicale,ho incominciato a cercare su youtube,se c’erano cose simili in miniatura,da li,è partito il mio desiderio di realizzare un paludarium. A tal proposito,mi piacerebbe porle delle domande. Per costruire il fondale,nel quale icastonare anche le sedi per le piante,che schiuma in specifico devo adoperare per non avvelenare in seguito l’ambiente? La sede per le piante,deve essere chiusa sul fondo,o deve essere aperta o per lo meno con uno scarico per non far marcire le radici?Poi,è meglio fare un impianto di filtraggio esterno cosi’ da ridurre la manutenzione,oppure basta mettere una pompa nascosta,come ho visto in certi video? tenga conto che vorrei fare un ambiente con massimo una trentina di litri di acqua. Per il fondale,pensavo di farne meta’ che risale dolcemente alla parte asciutta e l’altra meta’ sempre alla stessa profonfita’,ma siccome ho notato con l’acquario,che per forza di gravita’,la ghiaia,tende a livellarsi,cosa posso utilizzare per la parte che gradualmente arriva sul fondo? sempre la schiuma magari con incastonate delle pietre? Mentre per la parte completamente emersa,devo per forza fare uno strato composito come ha spiegalto lei,quindi abbastanza consistente,,oppure,posso mettere dei sassolini piu’ grossi,giusto per rendere la puizia,piu’ facile?E le piante che crescono sul fondo,posso lasciare per sempre anche loro nel recipiente dove sono cresciute,oppure limita la crescita e devo metterle nella ghiaia?Ultima domanda,Per ora mi interesserebbe fare un ambiente vegetale,poi in seguito,se tutto andra’ bene e vedro’ che riusciro’ a mantenere unn certo equilibrio tra temperatura,umidita’ ecc,inseriro’ per primi pochi e piccoli pesci.,quindi,siccome non voglio mischiare specie animali e vegetali che non appartengono alla stessa zona o addirittura continente,dove trovo indicazioni specifiche riguardo agli abbinamenti? La ringrazio molto anticipatamente,per la sua risposta.

    1. Ciao, intanto grazie per esserti interessato al mio blog. Scusa il ritardo ma ero fuori città e senza pc. Per rispondere a tutti i tuoi quesiti bisognerebbe scrivere un libro intero. Se leggi nelle pagine di questo blog nella sezione dedicata all’allestimento del terrario troverai tutte le risposte che cerchi, anche per quanto riguarda la tipologia del biotopo da allestire.

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