CERATOPHYLLUM

CERATOPHYLLUM

Tra le poche piante da acquario/paludario che si possono definire a pieno titolo “acquatiche”(ovvero il cui ciclo vitale si svolge interamente nell’acqua), un posto di primo piano meritano senza dubbio le Ceratofillacee. Robuste e adattabili alle più diverse condizioni ambientali, sono consigliabili ovunque stentino le altre piante. Unica controindicazione: possono essere eccessivamente invasive.

Il piccolo genere Ceratophyllum, unico della sua famiglia, comprende solo un paio di specie, peraltro variabilissime al punto da avere, in passato, generato non poca confusione tra i botanici, che ne hanno descritto innumerevoli varietà oggi non più riconosciute. Entrambe le specie sono state descritte da Linneo (dunque figurano tra le prime piante ufficialmente classificate secondo la moderna nomenclatura scientifica), a distanza di una decina di anni l’una dall’altra: C. demersum e C. submersum. Esse si distinguono per il frutto e per la suddivisione delle foglie (Ceratophyllum è infatti un nome composto derivato dal greco, il cui significato – “foglia a corno”allude alle robuste foglioline aghiformi, più o meno ramificate, disposte in verticilli): in C. demersum ognuna si suddivide una o due volte, mentre in C. submersum ogni foglia può biforcarsi fino a tre o quattro volte, dando origine a 6-8 foglioline aghiformi; inoltre, fusto e fogliame sono in genere più compatti e robusti nella prima specie, mentre in C. submersum assumono un aspetto più “vaporoso”.

Forme diverse a seconda dell’habitat

 Entrambe le specie sono pressoché cosmopolite: la loro distribuzione in natura comprende quasi tutto il continente americano e quello europeo, il bacino mediterraneo e l’intera Africa, nonché l’Asia meridionale. Nel loro sconfinato areale di diffusione colonizzano gli habitat più diversi: stagni, piane allagate, acquitrini, paludi, fiumi a corso lento, laghi, lagune salmastre, piccoli corsi d’acqua interni e costieri, ecc. Una così non comune adattabilità, unitamente alla vasta distribuzione, hanno favorito un notevole polimorfismo, cioè la nascita di numerose forme diverse fra loro per piccoli particolari morfologici come la conformazione delle foglie o la colorazione.

Nelle acque tropicali si trovano così varietà molto diverse a seconda dell’ambiente colonizzato: in biotopi fortemente illuminati, ad esempio, ci si può imbattere in popolazioni con fogliame dai colori variabili dal bronzo al rosso intenso, mentre nei grandi laghi africani, Malawi e Tanganica si incontrano, radicati al fondo sabbioso, ceratofilli dal fogliame spesso e compatto, molto rigido a causa della massiccia infiltrazione di carbonati ceduti dalle acque dure e alcaline di questi bacini. A Singapore (da dove proviene buona parte dei ceratofilli offerti nei negozi di acquariofilia )viene coltivata una forma tropicale molto graziosa (probabilmente di C. submersum), caratterizzata da fogliame esile e allungato anche a causa dei bassi valori di pH e durezza di quelle acque, e dalla colorazione rossastra degli apici dovuta alla notevole insolazione. Queste forme coltivate all’aperto possono cambiare rapidamente, adattandosi in poche ore alle condizioni dell’acquario: se la luce è meno intensa (situazione comune nelle vasche non illuminate con lampade a vapori metallici), il rosso vira al giallo carico e poi al verde, mentre gli internodi si allungano di molto. Nei ceratofilli, ascrivibili a pieno titolo alle idrofite (piante esclusivamente acquatiche) perfino l’impollinazione avviene attraverso l’acqua;  inoltre non possiedono vere radici, anche se alla base del fusto – talvolta anche all’ascella delle ramificazioni – possono emettere dei rizoidi (pseudoradici) che servono esclusivamente per l’ancoraggio al fondo, in quanto l’assimilazione delle sostanze nutritive avviene solo tramite le foglie e il fusto.

La specie più abbondante in natura, comune anche da noi, è C. demersum, mentre C. submersum – pur vantando un areale di distribuzione se se  possibile ancora più vasto – è generalmente più rara e localizzata, almeno nelle nostre acque, e viene considerata meno adattabile alla coltivazione in acquario.

Il ceratofillo si può senz’altro utilizzare nei laghetti come eccellente pianta “ossigenante”, supporto per le uova e rifugio per gli avannotti di carassi e carpe koi, sia piantata sul fondo (meglio in tal caso “zavorrarla” con delle pietre o dei piombi) che galleggiante. Ottimale anche la coltivazione in acquari “freddi” o temperati, privi cioè di riscaldatore, dove oltretutto resiste agli eventuali attacchi di pesci vegetariani.

 E nelle vasche tropicali?

Questa pianta si raccomanda innanzitutto per gli acquari appena allestiti, dove – grazie alla sua crescita rapida ed esuberante – ostacola anche lo sviluppo delle alghe, entrando direttamente in concorrenza con esse per lo sfruttamento dei nutrienti e della luce. È inoltre ideale per gli acquari dei neofiti e per quelli con dotazione tecnica minimale o alquanto carente (parco-lampade ridotto all’osso, acqua dura e alcalina, assenza di impianto di CO², scarsa o nulla fertilizzazione, ecc.).  Due sono i principali handicap del ceratofillo: la crescita invasiva e l’estrema fragilità di steli e foglie (grande attenzione va posta soprattutto nel trasporto e nella manipolazione), particolarmente evidente nelle forme sviluppatesi in acque dure e quindi con stelo e fogliame irrigiditi (ma non irrobustiti!), da infiltrazioni di sali di calcio.

Crescita rapida e problemi di abbondanza

In commercio si trovano soprattutto mazzetti: è sconsigliabile piantarli direttamente sul fondo, con o senza la banda metallica che tiene insieme le pianticelle, che sarebbero troppo “appiccicate” tra loro e andrebbero rapidamente soggette alla perdita del fogliame sottostante per scarsa aerazione e luce insufficiente. Meglio piuttosto inserire le singole piante in modo che si sfiorino appena tra loro,sempre però in gruppi di 5-10 esemplari;  il fondo ideale è quello di sabbia quarzifera fine (granulometria 1-2 mm circa), mentre ghiaietto più grossolano o piccoli ciottoli si potranno sistemare alla base delle pianticelle per ancorarle meglio al fondo. In acquario come in natura, infatti, queste piante tendono a fluttuare staccandosi facilmente dal fondo e raggiungendo la superficie, dove la resa estetica è assai meno soddisfacente ed è più difficile tenerle sotto controllo.

Come già detto, il ceratofillo cresce molto – anzi troppo! – rapidamente, e in pochi giorni può letteralmente “riempire” vasche anche molto grandi (sviluppa steli lunghi oltre due metri!); potando le pianticelle sia agli apici che alle diramazioni laterali, si otterranno altrettante talee ripiantabili sul fondo, ognuna delle quali darà origine a una nuova pianta. Occorre in ogni caso un certo impegno da parte dell’acquariofilo, per la necessità di controllarne lo sviluppo soprattutto in vasche inferiori ai 200 litri.

L’eccezionale vitalità diCeratophyllum fa sì che la si possa citare fra le poche piante acclimatabili nell’acquario salmastro, almeno a bassa salinità (entro il 5-8 per mille): del resto, in natura si rinviene anche negli stagni costieri e nei mangrovieti, dove in genere resistono solo le alghe. Infine, costituisce un supporto ideale per le uova e un rifugio ottimale per gli avannotti di killi non annuali, Pecilidi e altri ovovivipari, Caracidi, pesci arcobaleno, barbi, rasbore e pesci in genere che depongono o partoriscono in vaschette con piante a fitto fogliame. Difficile, forse impossibile pretendere di più da una pianta!